Pino Daniele


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Concerto Stadio San Paolo 1998
Amore Senza Fine: Uno Show Per Ottantamila

ESTATE 1998: la canzone italiana appare ormai immobile. E invece qualcosa si muove, magari non nelle invenzioni stilistiche, nel rinnovamento del linguaggio, ma sicuramente nelle motivazioni, nella voglia di presentarsi al pubblico con insolita forza. Sarà un caso ma alcuni dei maggiori protagonisti della canzone, hanno deciso, in questo scorcio d'estate, di lasciare un segno forte, di puntare all'evento unico e irripetibile. Dopo Baglioni all'Olimpico di Roma e Vasco Rossi a Imola, ora è la volta di Pino Daniele. Anche per lui quest'anno un solo concerto, una sola data: il 18 luglio al San Paolo di Napoli. Ma, diversamente dai suoi colleghi, Pino annuncia: "Il mio sarà un concerto e basta, nessuna diretta tv né radiofonica". E a questo non evento trasformatosi in un appuntamento imperdibile ci sono davvero tutti: quelli che lo seguono da sempre, quelli che lo seguono da ieri, quelli che "mi piaceva più prima, però visto che canta anche le vecchie canzoni vengo anch'io", quelli che "c'è Jovanotti " e quelli che "c'è Raiss". Per loro e per molti altri ancora, Pino ha pronte una trentina di canzoni, tante vecchie, tante nuove, un paio di concessioni al repertorio degli amici: con Jovanotti canta "Bella" e con Raiss "Black Athena" Il palco è ricoperto di tulle bianco e megaschermi mostrano immagini del backstage e interviste al pubblico che sta entrando e, appena entrato, si scoprirà protagonista in tutto lo stadio. Non è la prima Il biglietto del concerto volta di Pino al San Paolo, ma ora ci torna al culmine della sua carriera, e in un momento decisivo per le sorti della sua città, che lo accoglie come un poeta capace di cantare con delicatezza il furore della massa, che lo accoglie in delirio gridando: "Vai Pino, vai mo' ". Nello stadio ci sono molti striscioni che ricordano il sodalizio tra Pino e Massimo Troisi e ad un tratto, inevitabile e puntuale, si alza al cielo un grido prepotente di rimpianto, di affetto, di amore senza fine: "Massimo, Massimo, Massimo" e Pino risponde: "Massimo o'ssaje comm'fa o'core…". Sul palco tutti gli uomini di Pino: Jimmy Earl al basso, quasi un divo per chi ama la fusion e il jazz rock; Hossam Ramzky, un percussionista egiziano che ha suonato anche con Jimmy Page e Robert Plant; Rachel Z alle tastiere, ex Steps Ahead; Lele Melotti alla batteria, uno dei session men più richiesti del pop nostrano; Fabio Massimo Colasanti alla chitarra e alla programmazione dei computer. Il repertorio, che va da "Napule è" a "Amore senza fine", mostra l'intensità senza compromessi di un giovane ribelle nato nei vicoli della città e l'eleganza moderna di un quarantenne quasi pacificato, capace di godersi la leggerezza dell'amore, di scrivere inseguendo la semplicità, di folgorarci con un ritornello che sembra un loop in puro stile trip hop, un violino campionato che si ripete, come in un cerchio. Un cerchio che oggi è completo, per questo Daniele che cambia pagina e avverte del mutamento di rotta i suoi fans, ma anche quelli che sono già scontenti dei suoi cambiamenti. "Una cosa come "Napule è" si scrive una sola volta nella vita" dice Pino, "e io oggi non saprei scriverla più. Sono diverso, forse vivo meglio, forse ho perso qualche cosa, ma sicuramente non sono più quello lì". Ci vuole coraggio e onestà a parlare così, a sfidare i nostalgici, ad accettare quel che la vita ti scrive addosso. "Yes I know my way ": uno sguardo al passato e uno al futuro. Masaniello è cresciuto, Masaniello è turnato, Masaniello è cambiato. 

JOVANOTTI: E' qui la festa anche se può sembrare un incipit banale. Ed è una festa che non mi sarei persa per nessun motivo. Il Pino di Napoli a Napoli, in uno stadio pieno. Tutto lo stadio…[…] Per me Pino Daniele è un mito, quando cominciavo col rap detestavo i cantautori italiani, mi annoiavano, ma Pino era un altro mondo, suonava come nessun altro, era la voce di una Napoli capitale sonora che mi ricordava l'Avana. E poi la sua musica, le sue canzoni, il suo modo di comunicare, non sono così lontani dal rap: una volta, proprio qui a Napoli, negli studi della Rai, durante una puntata del "Pippo Chennedy show", improvvisai una jam session con i 99 Posse: facemmo "Je so' pazzo". "Zio Pino è un grande, massimo rispetto" disse Zulù. E aveva ragione.

RAISS DEGLI ALMAMEGRETTA: Fare musica vuol dire comunicare, mettersi in discussione per arrivare a esprimere se stessi e parlare con gli altri, che, soprattutto oggi, nel villaggio globale dei ritmi e dei campionamenti, non sono certo diversi per il colore della pelle o la distanza geografica. Quello che noi facciamo non è una novità. Noi usiamo il dub, la jungle, il breakbeat e la dance più radicale come Pino Daniele e James Senese usavano il blues, il funky, il jazz, il soul. Nessuna paura di sporcarci, non siamo puri ma meticci, contaminati, anche bastardi se volete. Figli di Annibale, appunto. Pino produce una musica nella quale io mi identifico oggi come la prima volta che l'ho incontrato, anche se oggi preferisce scrivere in italiano, restando un napoletano irriducibile.







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Articolo aggiunto il 28/05/2014

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