La Grande Madre
Il Mio Nome è Pino Daniele...
Back Home
Iguana Café
Passi D'Autore
Fantastici 4
Concerto
Medina
Napule E'
La Terra vista dalla Luna. Spiata forse dall’occhio curioso di altre forme di
vita. O da quello, altrettanto curioso ma sicuramente più
affettuoso, dell’artista. Che in questo nuovo album condensa
tutto il suo essere musicale, la sua carriera, le sue
collaborazioni fino a farne un distillato puro e vitale, da
lanciare nello spazio o da far trovare in giro, pronto per chi
abbia voglia di conoscerlo.
Un titolo così fortemente personale, infatti, significa
soprattutto che l’album in questione è come una foto nitida e
ispirata, ‘un moderno passaporto d’artista’.
E d’altra parte Pino Daniele non ha più bisogno di
presentazioni, né di pretesti o motivazioni artistiche
ulteriori. Da sempre suona musica che lo appassiona e lo fa in
compagnia di musicisti che stima. Le strade battute hanno
disegnato un percorso unico, che di volta in volta lo ha portato
lontano dalle proprie radici per poi riavvicinarlo ad esse, con
in più un pezzetto di nuovo bagaglio: la canzone napoletana, il
blues, il jazz, la fusion, la musica araba, quella africana. Il
rock’n’roll, il pop, la tradizione caraibica e quella cubana, l’hip
hop e l’elettronica, la musica etnica e quella latina… tutto è
confluito nella proposta artistica di Pino Daniele, oggi
talmente ricca e unica nella sua varietà da potersi permettere
ogni lusso, in primis quello di essere semplicemente se stessa.
Come in questo nuovo splendido disco.
Basta ascoltare i 10 brani che compongono “IL MIO NOME E’ PINO
DANIELE e vivo qui”, per trovarsi di fronte a un disco felice e
ispirato, capace di passare attraverso una grande varietà di
stili rinforzando la propria omogeneità. Dall’iniziale “Back
home”, primo singolo radiofonico, un omaggio a certe sonorità
latin blues, fino alla conclusiva “Passo napoletano”, un brano
che rinnova la cultura partenopea attraverso suoni elettronici.
Tutto l’album si racconta come un viaggio verso casa: l’esotismo
caraibico di “Rhum e coca”, l’amore quotidiano cantato in “Il
giorno e la notte” e “Vento di passione” o “Salvami”, il viaggio
brasiliano sulle onde di “Mardi Gras”, il tributo alla musica
delle sue radici con “Blues del peccatore” e la ballad swingante
de “L’africano”, per arrivare a un conclusivo tributo alle sue
origini con “Ischia sole nascente”, un pezzo quasi “chill out”
nello stordimento dell’attimo che descrive, e ancor di più con
la già citata “Passo Napoletano”.
Anche questa volta non mancano gli ospiti, illustri
rappresentanti dei tanti mondi paralleli in cui negli anni si è
sviluppata la musica di Pino Daniele: Giorgia regala la sua
splendida voce a due canzoni, “Il giorno e la notte” e “Vento di
passione”, mentre il trio dell’ex Weather Report Peter Erskine
(qui con Dave Carpenter al basso e Bob Sheppard al sassofono)
offre tutta la spinta ritmica di cui hanno bisogno brani come
“Mardi Gras”, “Blues del peccatore” e “L’africano”. Ma l’album
vede il ritorno di un altro personaggio leggendario per la
storia di Pino Daniele, il percussionista Tony Esposito,
presente in tutto il disco, e di Alfredo Paixao – già al fianco
di Pino Daniele durante il tour di “Iguana Café” – che suona il
basso elettrico su “Back home” e “Vento di passione” e canta
splendidamente, in brasiliano, su “Mardi Gras”.
Un’ultima notazione su un aspetto forse “romantico” di questo
disco, che torna a parlare con forza napoletano, nei
riferimenti, negli ospiti, nei titoli: forse è anche questo il
senso di un viaggio che si apre con “Back home”, un ritorno a
casa, e si chiude con “Passo napoletano”. “Ischia sole
nascente”, la presenza di Tony Esposito, le liriche di alcuni
brani, sono tutti riferimenti al DNA originale di Pino Daniele,
e che fa piacere ritrovare in questo album.
“IL MIO NOME E’ PINO DANIELE e vivo qui” è pronto per essere
lanciato nello spazio, adesso, come fanno quelle navette che
portano in giro per le galassie la musica del pianeta Terra. Chi
lo ascolterà ci troverà dentro il passaporto di un artista
completo, inimitabile, ineguagliabile, capace di conciliare
nella sua musica mondi soltanto apparentemente lontani tra loro,
e di farlo con semplicità. Ma il nuovo album di Pino Daniele è
anche una cartolina spedita dal luogo in cui vive: un luogo in
cui terra, cielo e mare parlano al cuore, come le storie degli
uomini che lo abitano. Un posto solare, aperto all’incontro,
vivo. E con tanta musica intorno.
Recensione su www.babylonbus.org
Bello, perfetto, prodotto senza una sbavatura. Che noia, il nuovo cd di
Pino Daniele. Il solito mix di jazz, r'n'b, bossa nova infarcito
di influenze etniche assortite - in particolare
orientaleggianti, in questo caso - che caratterizza tutto il suo
repertorio da ben più di un decennio a questa parte. Innovativo,
ai tempi di "Anna verrà" (1989), interessante nelle sue
raffinate sfumature quando uscirono "Non calpestare i fiori nel
deserto" (1995) e "Dimmi cosa succede sulla terra" (1997).
E se "Medina", nel 2001, poteva rappresentare la summa del
percorso che aveva portato l'ex scugnizzo a trasformarsi da
icona del "blues alla napoletana" a poliedrico musicista dalle
mille contaminazioni globali, oggi "Il mio nome è Pino Daniele e
vivo qui", in uscità venerdì 16 febbraio, suona stanco, lezioso,
a volte persino artificioso, nella ricerca di un difficile
equilibrio fra melodie orecchiabili e quel "world sound" di cui
era intriso il precedente "Iguana Cafè" del 2005, forse l'album
più snobbato della storia del cantautore napoletano.
Nemmeno i duetti con Giorgia (nei brani “Il giorno e la notte” e
“Vento di passione”) ravvivano un quadro dal quale traspare più
manierismo che emozione. Un "must have" solo se nella tua
collezione hai tutti gli album di Pino Daniele, e sarebbe un
peccato non avere proprio questo. Se invece hai già poco spazio
libero nel tuo monolocale, forse è il caso che lo tieni libero
per qualcos'altro.
Recensione di Stefano Fossati su www.AffariItaliani.it
Un ottimo lavoro, ma che ho impiegato un po' ad assimilare, devo dire la
verità. All'inizio ho fatto fatica ad entrare nei nuovi brani,
semplicemente perché il "maestro" oltre ad utilizzare le solite
sonorità ha utilizzato anche campanellini alla buddha bar, "wow
wow" alla chili out e tante, ma tante sonorità brasiliane. I
suoni sono come sempre caldi e alzando i bassi
dell'amplificatore si possono ascoltare bassi da brividi. Tutto
l'album è composto da 10 brani, sono presenti tre ospiti
d'eccellenza del calibro di Giorgia, che canta nel brano "il
giorno e la notte" e "vento di passione" due ballate smielate e
con due testi bellissimi, ma non è l'unica partecipazione,
infatti fanno la loro comparsa (e che comparsa) Tony Esposito e
Alfredo Paixao, e per finire la crema, Peter Erskine Trio. Peter
Erskine è un Dio della batteria, ha cominciato a suonare le
percussioni a soli 4 anni, partecipando in svariati dischi (si
parla di circa 400). Con Pino Daniele, ha partecipato ad uno
degli ultimi album dal titolo "Medina". Tutti i brani del cd
sono stati scritti e arrangiati da Pino Daniele ad eccezione di
Mardi Gras, che è stata composta insieme a Alfredo Paixao
bassista brasiliano ormai da anni trapiantato in italia, e anche
lui come Peter Erskine è un versatile della musica, passando
facilmente dal pop al rock alla musica latina con molta
semplicità.
Il brano che apre il lavoro "direi capolavoro" dopo alcuni
ascolti, è Back Home che è stato anche il primo singolo a
passare per radio, e forse è il brano che più si avvicina alle
sonorità classiche di Piano Daniele. Bello la parte del testo
"…assumere un atteggiamento di difesa al sentimento e manterrò
le mie radici seguendo una sintonia che mi porti a casa mia…"
Come a preannunciare a chi ascolta che questo non sarà un lavoro
uguale, ma che le radici sono quelle, e alla fine il lavoro
verrà apprezzato.
Il secondo brano, tutto sud americano anche nel titolo. Rhum e
Coca. Ho trovato il brano molto orecchiabile, bella musica alla
Santana, con una chitarra molto tirata, ma il testo non mi ha
lasciato nulla nell'anima.
La terza canzone è una perla. Un gioiello da mettere in vetrina
e ammirare quando si ha voglia, e indossare nelle serate di
gala. "Il giorno e la notte" in duetto con Giorgia,
(grandissima, forse la più grande voce italiana) Pino Daniele
scambia battute fini, sottili, da accompagnare fino a fare
l'amore con la persona amata. Un delizioso sottofondo (anche qui
alla Buddha Bar) con bassi altissimi a contrastare la voce alta
di Giorgia.
"…Battito d'amore illogico, senso del pudore cinico, pioggia
fina fina, disperatamente soli appoggiati al mondo…" Bellissima.
Il quarto brano, beh che dire. Puro ritmo brasiliano? Bassi e
chitarra? Percussioni, questa volta è Tony Esposito a farla da
padrone. "Salvami" il titolo e forse una richiesta di aiuto
dell'autore napoletano a restare indifferente alle critiche e un
invito ad essere più forte ad accettare tutto. Bel ritmo.
"Vento di passione" e il duetto si ripropone. Giorgia ancora una
volta coinvolta in un altro brano da ricordare. Altro brano
lento, altro brano da mettere nella bacheca.
"…e non c'è una ragione quando cerchiamo quel che resta, è come
un vento di passione o una rosa rossa. Il ricordo di una amore
ci cambia, non ci lascia…" Perché non cominciamo a far studiare
poeti attuali nelle scuole? Sonorità spagnola-brasiliana.
Perfetta.
Ora. Mettetevi il costume, portate con voi l'asciugamano,
sdraiatevi al sole e state ad ascoltare questo brano che è in
italiano, con dei passi in portoghese, e ridete, siate felici
perché, la musica brasiliana è felicità anche quando racconta
attimi di tristezza. Mardi Gras "martedì grasso" è una poesia
dedicata a tutti quelli che soffrono di "saudagi".
"…ma che vita è senza questo sogno…"
La traccia sette, una confessione. Una grande ammissione. Pino
Daniele è un peccatore. Un peccatore di blues. E allora, caro
Pino siamo tutti peccatori. Il blues, l'anima della musica entra
ogni volta nelle mie vene e mi trascina. Ma questo brano non ha
molto di blues, se non un grandissimo Sax, e questo vale tutto
il brano.
"…baby sono un peccatore che non si redime più…"
E siamo all'ottavo brano. L'africano. Pino Daniele lo ha sempre
detto di sentirsi un po africano (vedi l'album Medina), ma gli
africani non dicono "te quero mucho" e ancora sto cercando di
capire un po il testo. "…e fanno musica latina fino alla mattina
mi piacerebbe portarti via…". Il brano ricorda un po le colonne
sonore dei film di Troisi e questo mi compiace.
Gli ultimi due brani sono quasi esclusivamente musicali,
interrotti qua e la da un ritornello, o meglio dire loop. Vento
in sottofondo, campanelli, un loop e tanto ma tanto Buddha Bar.
Il cd per me è una vera chicca, anche perché devo essere
sincero, il penultimo album non mi era piaciuto molto. Quindi un
grazie a Zio Pino per averci riportato un bellissimo disco e
tanta buona musica in un momento in cui tutti cantano tutti e
altri fanno uscire solo raccolte.
Recensione di Daniele Trombetti su www.quellicheiltreno.com
Sarà che son di
buon umore. Che fuori è una giornata bellissima e fa un caldo
incredibile e ingiusto. Sarà che oggi nessun cliente m'ha fatto
girare le balle. Sarà probabilmente che "Iguana Café", il
precedente, m'aveva talmente fatto incazzare... insomma... sarà
quel che sarà, ma questo disco di Pino Daniele mi sembra molto
meno peggio del solito. Ci vedo un'iper-produzione molto curata
e molto ben rifinita. Mi sembra che Pino ci creda un po' di più.
Persino i duetti con Giorgia, personaggio a mio parere
discutibilissimo in quanto clone delle già modestissime Houston
e Carey, non fanno così orrore. I testi non sono proprio
bellissimi, ma neppure fanno ribrezzo, come troppo spesso,
ultimamente, era accaduto.
Il disco si apre in maniera molto "pinodanielesca": subito si
riconosce quella chitarra santanesca che napoletaneggia in
arabo, tipica del Nostro, come subito si nota un giro di accordi
suo classico, già usato altrove e forse troppo spesso. Però il
risultato non è male e questo "Back Home" non si fa odiare.
Anzi. È un buon brano d'apertura, che molto promette e molto
significa dell'album che andrà a seguire: un'opera che brilla
per suoni perfetti, per cura maniacale degli arrangiamenti e
soprattutto per un uso buono e massiccio, oltre che abbastanza
inedito per l'autore, dell'elettronica. In quasi tutti i brani,
infatti, le sequenze, i tastieroni, le batterie e le percussioni
elettroniche si sprecano. Ma non in un monumento all'elettronica
come potremmo definire, nel bene, "Il Vuoto" di Battiato o, nel
male (forse... chissà) l'ultimo dei Righeira. Qui l'elettronica
si mescola in maniera pressoché perfetta con le chitarre
acustiche, le percussioni vere con quelle "finte", e si sentono,
udite udite, persino degli strumenti che rischiavano il
dimenticatoio. C'è infatti un assolo di sax, pure bello, di Bob
Sheppard, nel primo duetto con Giorgia ("Il Giorno E La Notte")
e una sezione di fiati molto cubana e assolutamente a proposito,
in "Ruhm And Coca". Che il periodo dell'ultrachitarrismo fine a
se stesso, aprioristico e dittatoriale, simbolo di un'epoca più
banale che semplice stia finendo...? La voce di Pino è meno
"flautata" che nel recente passato, anche se purtroppo siamo
lontanissimi dall'oltraggiosa potenza dei tempi d'oro, e la sua
chitarra vola sempre alto e altissimo, impeccabile e perfetta,
anche se le frasi e le improvvisazioni sono sempre le stesse e
in qualche modo sanno di "già sentito". Fatto sta che c'è molto
spazio agli strumenti (più del solito) e questo è un bene in sé.
Soprattutto certifica una scelta che potremmo definire nuova (o
antichissima), ovvero il porre in essere scelte musicali non
troppo occhieggianti ai giovinastri e (non vogliatemene) e non
troppo femminili. Chi mi legge sa come la penso: per me Pino ha
smesso di essere il "Gigante Che Era" da quando la giovane e
bella moglie ha avuto un peso sulle sue scelte artistiche (e
nessuno, neppure -per ipotesi- lui, potrebbe convincermi del
contrario). È diventato femmineo, delicatissimo, come dicevo
"flautato", dimenticandosi del blues e della strada napoletana
che l'avevano fatto nascere e crescere, per ridursi troppo
spesso a far musica "da ascensore". Per carità, benissimo
confezionata, ma pur sempre "da ascensore" o, se preferite, da
sottofondo di un negozio d'abbigliamento e di una pizzeria
trapiantata in terre straniere. Insomma: non so se c'è da
vedere, o intravedere, una rinascita, un ritorno al passato, un
vero ritorno a casa ("Back Home"...?!), ma c'è sicuramente da
sperare. In più Pino ha sempre avuto il vizio di chiudere gli
album con brani significativi di quanto sarebbe accaduto dopo, e
qui "Passo Napoletano", brano di chiusura dell'album, è un vero
capolavoro. L'elettronica delle percussioni, che cambia in
continuazione e mai a sproposito, è perfetta, e la chitarra "methenyana"
canta che è una meraviglia. Il brevissimo testo anglo-partenopeo
(o partenopeo e parte-americano, come avrebbe detto il buon
Arbore) è semplicemente perfetto nel suo minimalismo.
Potrebbe essere la promessa di qualcosa di grande o solo uno
splendido incidente di percorso. Ricompare persino Tony
Esposito. Quello di "Calimba De Luna"... No, quello di prima, ed
evidentemente di adesso, quello che suona, benissimo, le
percussioni. Sta di fatto che dopo aver sentito questo disco più
volte e con la giusta attenzione non provo l'incazzatura che
negli utlimi anni mi prendeva regolarmente dopo aver pagato il
mio volontario e tradizionale "pizzo" allo Zio Pino. O il
prodotto è buono, o sono veramente di buon umore.
Recensione di Primiballi su DeBaser.it
Non hanno niente che non vanno i nuovi dischi di Pino Daniele e
contemporaneamente non hanno neanche nulla che gira per il
giusto verso. Sono dischi stanchi, fatti forse per dovere, forse
per contratto, forse per abitudine, ma che, da anni, non hanno
più niente di determinante da offrire. E quindi siamo al libero
arbitrio personale più assoluto. A chi piace Pino potrebbe
continuare a piacere all'infinito (tanto le canzoni sono sempre
quelle), a chi dà fastidio la voce fessa e l'insistere su giri
chitarristici che erano già vecchi negli anni '90 non arriverà
neanche a finire il disco.
Personalmente sto nella seconda categoria: quella cheritiene che
di Pino Daniele non ci sia bisogno. Musica radiofonica, fatta
per non disturbare mai, al servizio di testi normali, né brutti
né belli, ma solo scontati. Non un guizzo. Non è neanche
possibile detestarlo o sostenere che abbia sbagliato qualcosa.
No, i suoi dischi sono perfetti come una supposta. E allo stesso
modo svolgono il loro ruolo. Poi se uno ama le supposte ...
Supposto che Pino non sarebbe d'accordo a noi resta la
supponenza di dire che, per anni, Pino Daniele, per quanto
sempre affine alla canzone da lounge bar, ha avuto una sua
valenza forte e un impatto non trascurabile, ma adesso che
sinatreggia, con qualche risvolto blues, rientra in quel gruppo
di virtuosi senza anima che annovera le Amalia Gré, le Giorgia
(non a caso ospite nel disco) e le Mina delle annate meno
ispirate.
Tanto mestiere insomma per i solchi, in cui ogni tanto si
iscrive una qualche zampata: "Il giorno e la notte", grazie
anche alla voce di Giorgia non è affatto male. "Back home", per
quanto scontata ha bei momenti chitarristici, come pure
"Salvami" che peraltro ha un testo che negli anni '50 sarebbe
stato scartato da Sanremo perché troppo datato: tutto "cuore" e
"amore"!
Persino "Mardi Gras" non rispecchia il titolo. Niente New
Orleans, ma Brasile (infatti è una cover da Alfredo Paixao).
Ecco come devitalizzare un fenomeno vitale. Svirilizzata in un
samba seriale, entusiasmante come un grande magazzino sovietico.
Ancora una volta per cercare i brani migliori dobbiamo
appoggiarci alla voce di Giorgia che interviene anche in "Vento
di passione" che, seppure musicalmente ricordi "Historia de un
amor" di Carlos Eleta Almaran del 1956, ha tra solismi
chitarristici, scambio delle due voci e testo malinconico, le
carte per affascinare.
Non basta però. Il risultato è pesante e finire il disco più
un'opera di fede che di passione. "Il blues del pescatore",
banale e dalla rime trite e baciate, è blues solo nella mente
dell'autore. "L'africano" è mosciamente jazzata, ma niente a che
vedere con i ritmi e la carica della musica di lì, forse la
musica più vitale di questi ultimi anni. Tanto per cambiare è un
ritmo latino. Moscio. "Ischia sole nascente" e "Passo
napoletano" si caratterizzano per il testo brevissimo, che è un
vantaggio e per i mischione di napoletano e inglese che riporta
ai vecchi tempi, oltre a qualche intervento di Tony Esposito
alle percussioni, ma giungono troppo tardi per rialzare il tono
del disco.
Solo per appassionati. Solo per pop ascoltatori. Solo per
loungisti-mojitoisti. Ecco, per intenderci, il rapporto è
quello: Pino Daniele è diventato un mojito (lo cita e cita anche
il Cuba libre). Se vi piace il Barolo non siete nel posto
adatto.
Recensione di Leon Ravasi su www.bielle.org
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